L'educazione fisica, lo stile di vita attivo e la sedentarietà in età evolutiva

Il ruolo del movimento sui bisogni e sulle abitudini che condizionano la vita dei giovani



Mario Bellucci - Roberto Gueli



I giovani affrontano la quotidianità cercando di adattare al meglio gli impegni dello studio, le esigenze familiari, quelle sociali, i divertimenti e i passatempi, coordinando il tutto alle necessità del dormire e alle abitudini alimentari. Anche in età evolutiva, come in tutte le altre fasi della vita, è richiesto un equilibrio fra i doveri, le responsabilità, le distrazioni, i piaceri. Gli Autori espongono una breve e volutamente generica panoramica sui principali fattori che condizionano lo stile di vita giovanile, soffermandosi sull’importanza della consuetudine al movimento quale elemento cardine per contrastare la sedentarietà. Da giovani è più facile modificare alcune abitudini.

Lo sforzo di intraprendere le decisioni più appropriate nella vita di ogni giorno caratterizza la riuscita nelle varie attività: dal rendimento scolastico, alle prestazioni nell’avviamento e nella pratica sportiva e, aspetto ancor più importante, aiuta ad avere livelli più o meno consapevoli di serenità e di soddisfazione. L’analisi di come lo stile di vita attivo abbia spazio nelle Indicazioni Nazionali scolastiche è per gli Autori di cruciale importanza poiché la scuola, dopo l’ambiente familiare, costituisce il luogo nel quale i giovani trascorrono la maggior parte del loro tempo.

Per stile di vita si intende l’insieme di tutti quei comportamenti e di quelle abitudini finalizzate a far vivere in armonia la persona nell’arco della sua esistenza. Fin dal passato si era convinti che, per poter vivere bene, fosse necessario adottare più condotte nella vita quotidiana. Lo stile altro non è che una personalizzazione e un adattamento di alcune regole comportamentali considerate dalla maggior parte delle persone ideali proprio perché salutari.

In ogni fase della nostra esistenza e soprattutto in età evolutiva, lo stile di vita dovrebbe essere caratterizzato dall’equilibrio fra: il movimento organizzato, il movimento non organizzato, lo svago, il riposo, l’alimentazione, l’aspetto affettivo relazionale e quello sociale, l’igiene, lo studio. Per movimento organizzato, intendiamo quelle attività di educazione motoria, fisica e sportiva programmate e condotte da professionisti mentre per movimento non organizzato, quelle attività motorie che non sono caratterizzate da una specifica programmazione.
La personalità dei giovani necessita di equilibrio fra questi comportamenti e abitudini affinché non prevalga esclusivamente uno di essi rispetto agli altri. In altri termini, per fare un esempio, curare solo ed esclusivamente l’alimentazione rimanendo sedentari, non porta al benessere. Un altro esempio: garantire il gioco infantile è importante poiché il bambino apprende grazie ad esso, ed il gioco stesso favorisce la crescita e la formazione della  personalità.

L’attività fisica organizzata, programmata da un professionista del movimento, non può essere vissuta avulsa da quella non organizzata, perché i principali studi internazionali sulla fisiologia dell’esercizio in età evolutiva evidenziano che il giovane, al fine di contrastare la sedentarietà e la riduzione del livello delle capacità e abilità motorie, deve effettuare attività fisica ogni giorno, per almeno un’ora.



L’importanza del movimento non organizzato
La Piramide dell’attività fisica fornisce alcuni esempi di movimenti non organizzati: camminare spesso e per lunghi tratti nel corso della giornata; sforzarsi di non prendere l’ascensore; giocare per strada; svolgere lavori manuali come il giardinaggio o il fai da te. Tutto ciò mira alla conduzione di uno stile di vita il più attivo possibile. I movimenti non organizzati non seguono particolari linee guida esecutive e indicazioni metodologiche, sono liberi, vi fanno parte gli schemi motori di base (strisciare, camminare, correre, saltare, lanciare, afferrare, prendere, arrampicarsi, rotolarsi). Possono farne parte i giochi popolari (quelli praticati per lo più per strada e nei cortili dalle generazioni che ora sono adulte e che i giovani di oggi non conoscono quasi più), le danze tradizionali e la pratica sportiva occasionale.
Ormai è sempre più difficile svolgere questa tipologia di movimenti a tutte le età, soprattutto nei grandi centri urbani. Facciamo un semplice ed approssimativo calcolo settimanale relativo a quante ore, in media, un giovane di scuola secondaria di I grado è costretto a stare fermo. Prendiamo in considerazione ad esempio gli impegni di un/a alunno/a di 11 anni dal lunedì al venerdì e suddividiamoli tra attività fondamentalmente sedentarie e attività che prevedano
del movimento.
Il calcolo ovviamente si basa su valori medi e su attività considerate secondo un criterio minimalista. Il bisogno primario del sonno può variare in età evolutiva da 8 a 10 ore per notte, la frequenza a scuola è di 30 ore settimanali in media. I valori che devono far riflettere sono quelli relativi al tempo sedentario in cui si è seduti o comunque fermi. Le ore per lo studio tendono ad essere maggiori così come quelle del cosiddetto “tempo del video” (cellulare, computer, TV, giochi elettronici) mentre in media la pratica sportiva può essere uguale o inferiore alle cinque ore a settimana.
Per quanto riguarda l’uso degli smartphone, un articolo su un quotidiano cita uno studio attestante la fruizione di tre ore in media al giorno. Il dato che ci fa comprendere l’entità del fenomeno ovvero dell’impiego di questi apparecchi elettronici, è l’evoluzione mondiale nell’uso delle sim card (Corriere della Sera, 11 ottobre 2014). Il tempo libero è stato equamente suddiviso in attività prevalentemente sedentarie e non, considerando che – soprattutto nelle grandi città – pochi sono gli spazi verdi che favoriscono l’aggregazione giovanile.



Lo stile di vita attivo
Lo stile di vita si acquisisce in età giovanile. Gli adulti sanno quanto possa essere impegnativo modificare una abitudine assimilata (ad esempio salire le scale al posto di prendere l’ascensore, usare i mezzi pubblici al posto della macchina, eccetera). Anche da bambini correggere alcune abitudini costa, ma è decisamente meno rispetto a quanto avviene per gli adulti. Inoltre, una volta impostata nel giovane una nuova abitudine, è probabile che essa rimanga tale per tutta la vita. L’età migliore è proprio quella infantile, preadolescenziale e adolescenziale. I giovani sembrano avere difficoltà a svolgere autonomamente l’attività fisica ed acquisire uno stile di vita attivo.



L’attività fisica aiuta lo studio
Da anni gli studi attestano che, grazie allo svolgimento dell’attività fisica, si migliorano i livelli di efficienza cardiovascolare, di forza, di resistenza, di flessibilità e si ottimizza il rapporto tra la massa magra e quella grassa. Ulteriori studi legati alla funzionalità del sistema nervoso centrale indicano che i giovani sono più attenti, rispondono positivamente e con maggior profitto alle attività didattiche proposte loro, successive alla lezione in palestra. La quantità di minuti giornalieri dedicati alle attività organizzate e non, pertanto, dovrebbe essere maggiore di un’ora.
Il Rapporto dei centri di prevenzione e controllo delle malattie (CDCP 2013) indica che esiste una crescente evidenza scientifica incentrata sull’associazione tra attività fisica nelle scuole, compresa l’educazione fisica, ed il rendimento scolastico tra i giovani in età scolare. Vi sono prove sostanziali che l’attività fisica può aiutare a migliorare il rendimento scolastico, compresi i voti e punteggi dei test standardizzati: l’attività fisica può avere un impatto sulle competenze, sulle attitudini cognitive e sul comportamento scolastico (tra cui una maggiore concentrazione, l’attenzione, e un migliore comportamento in classe). Infine, la relazione conclude che gli organi collegiali, i dirigenti scolastici possono essere sicuri che mantenere o aumentare il tempo dedicato all’attività fisica durante la giornata scolastica non avrà un impatto negativo sul rendimento scolastico, se mai il contrario (CDCP 2013).



Per saperne di più: SDS Scuola dello Sport n° 105. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2015.