Importanza dell'attività fisica per lo sviluppo cognitivo

Di Antonio Urso

Oggi si sa che l’evoluzione motoria e cognitiva dell’essere umano non è avvenuta in due momenti separati, bensì contemporaneamente e in collaborazione. Difatti, quando l’uomo ancestrale usciva per cacciare, mentre correva e camminava dietro la sua preda, elaborava una serie di strategie cognitive: calcolava lo spazio tra lui e l’animale, prevedeva il suo comportamento e creava una mappa mentale del territorio. In questo modo, le aree del cervello che riguardano l’attività motoria si sono sviluppate simultaneamente a quelle aree cognitive, razionali e matematiche.

Lo sviluppo umano riproduce quello evolutivo; e ciò significa che anche i bambini creano la loro percezione cognitiva, mentre si muovono. Sin dalla nascita, il cervello crea numerose connessioni cerebrali tra le aree motorie e cognitive, percependo gli stimoli sensoriali e coordinando il movimento dei muscoli  all’elaborazione cerebrale. Un chiaro esempio è quello del linguaggio: per iniziare a parlare, i bambini ascoltano le parole e imitano i movimenti labiali, le elaborano a livello cognitivo e poi muovono i muscoli giusti per riprodurle.

Man mano che i bambini crescono e acquisiscono la capacità di svolgere azioni motorie e cognitive complesse, l’attività fisica continua a essere fondamentale per l’apprendimento.
In effetti, diversi studi dimostrano che i bambini che fanno almeno un’ora di attività fisica al giorno hanno una migliore performance scolastica e ottengono risultati più alti nei test di memoria e di apprendimento in relazione ai colleghi sedentari. Gli studi verificano, inoltre, che l’area del cervello responsabile della memoria e dell’apprendimento, l’ippocampo, è significativamente più grande nei bambini allenati che in quelli sedentari. In questo modo, si è constatato che l’ossigenazione del cervello provocata dall’attività fisica promuove la nascita di nuove cellule nell’ippocampo, incrementando, così, i processi cognitivi.
L’attività fisica migliora i processi cognitivi degli alunni di scuola primaria, in quanto implementa le funzioni esecutive, il cui ottimale funzionamento è alla base del successo nell’apprendimento.
Uno studio (Jäger et al., 2014) condotto dai ricercatori del Dipartimento di Psicologia e dell’Istituto di Scienze sportive dell’Università di Berna sembra confermare la validità dell’educazione motoria nell’età evolutiva (fascia 6-8 anni di età).

Secondo questa ricerca, l’attività fisica migliora i processi cognitivi degli alunni di scuola primaria, in quanto implementa le funzioni esecutive, il cui ottimale funzionamento è alla base del successo nell’apprendimento. Per compiere tale studio sono stati utilizzati 104 bambini, divisi in due gruppi, ovvero il gruppo sperimentale, costituito da 51 minori, e il gruppo di controllo, formato da 53 bimbi.
Il gruppo sperimentale è stato sottoposto ad un’intensa attività motoria, della durata di venti minuti , che ha incluso anche compiti cognitivi relativi alle funzioni esecutive. Inoltre, nei bambini del gruppo sperimentale è stato prelevato un campione di saliva per misurare il livello di cortisolo, prima dell’attività motoria, subito dopo e a distanza di quaranta minuti.

Nello specifico, lo studio si è posto l’obiettivo di verificare se l’attività motoria modifica le funzioni esecutive dei bambini e se tali modificazioni sono in rapporto alle variazioni della concentrazione di cortisolo, prodotte dall’attività stessa. Le funzioni esecutive possono essere definite come procedure cognitive che hanno lo scopo di pianificare ed organizzare i comportamenti e le emozioni di un individuo, allorquando si confronta con nuove realtà contestuali, particolarmente difficoltose, che richiedono la mobilizzazione di strategie adattative (Owen,1997).

Nel bambino, le funzioni esecutive compaiono dal primo anno di vita e proseguono la loro strutturazione e implementazione nel corso dello sviluppo, fin oltre l’adolescenza.
Queste abilità cognitive determinano le variazioni nell’adattamento sociale e nelle performance legate agli apprendimenti scolastici. Le funzioni esecutive, secondo il modello elaborato di Miyake et al. (2000), sono costituite da tre capacità, utilizzate nelle strategie di problem solving. Esse sono:
l’inibizione o controllo inibitorio: è rappresentata dall’abilità che consente di non far interferire, nel compito che si svolge, impulsi e informazioni non pertinenti, che potrebbero esercitare il ruolo di distrattori;
la memoria di lavoro: è quella competenza che permette di conservare il ricordo, per un breve lasso di tempo, di tutte quelle nuove informazioni utili allo svolgimento di un’attività;
la flessibilità di risposta cognitiva: è la capacità di variare i propri modi di pensare e di agire per adattarsi ai cambiamenti richiesti dall’ambiente o dalla natura
del compito che si esegue.

Già uno studio di Diamond (2012) aveva dimostrato, a proposito dell’attività motoria, che nei bambini le funzioni esecutive possono essere implementate dalla pratica sportiva delle arti marziali. L’incremento di tali funzioni ha come conseguenza lo sviluppo delle capacità di attenzione selettiva e di ragionamento, responsabile di un miglioramento degli apprendimenti scolastici.
I risultati della ricerca di Jäger et al., hanno messo in evidenza che un’intensa attività fisica, nell’ambito della quale sono contenuti dei giochi cognitivi, conduce ad un’implementazione del controllo inibitorio.
Probabilmente alla base di tale incremento ci potrebbe essere l’aumento del cortisolo, derivante proprio dall’attività fisica.

Infatti, il cortisolo, modulando la produzione di determinati neurotrasmettitori, sembra intervenire su alcuni processi cognitivi, come la percezione, l’attenzione selettiva e la memoria (Erickson et al., 2003; Lupien et al., 2005).
Sempre secondo la ricerca citata (Jäger et al., cit.), l’attività fisica ha, invece, un effetto più modesto sulle altre funzioni esecutive, ovvero sulla memoria di lavoro e sulla flessibilità di risposta cognitiva.
A fine 2015, viene pubblicato su “Medicine & Science in Sport & Exercise. The official Journal of the American College of Sport Medicine” uno dei primi studi longitudinali di Sardinha Marques et al., riguardo il rapporto tra attività sportiva e rendimento scolastico.
Durante i tre anni di studio, sono state osservate frequenti e chiare correlazioni tra i rendimenti scolastici più alti e la capacità CRF (Cardio Respiratory Fitness) più forte.
Ma non solo: chi all’inizio è stato classificato come basic, ad esempio, e ha lavorato per aumentare la propria CRF, ha allo stesso tempo migliorato il rendimento a scuola. È stato provato quindi questo concetto: maggiore è la capacità cardiorespiratoria e migliore è il rendimento a scuola.
Il Cardio Respiratory Fitness ha portato numerosi e importantissimi benefici:
• la capacità cardio-respiratoria è stata associata a migliore controllo cognitivo;
• miglior plasticità cerebrale;
• incremento della memoria;
• favorisce lo sviluppo neurale;
• aumenta la densità delle sinapsi tra neuroni;
• favorisce l’irrorazione vascolare nella corteccia cerebrale;
• recupera più in fretta risorse neurali collegate alla capacità di adattare lo sforzo all’obiettivo;
• incrementa, nell’infanzia, la microstruttura delle fibre bianche cerebrali che rappresentano una via per migliorare le capacità cognitive e il rendimento accademico;
• migliora la sintesi del fattore neurotrofico cerebrale (brain-derived neutrophic factor, BDNF) che è collegato col volume dell’ippocampo e, quindi, con lo sviluppo della memoria.

All’Università dell’Illinois, grazie all’indagine di risonanza magnetica, si è visto, analizzando bambini di 9-10 anni, che la zona cerebrale dell’ippocampo,  fondamentale nei processi di memorizzazione, era più estesa in quelli sportivi rispetto ai sedentari; “se durante l’infanzia il corpo è più attivo, anche il cervello e tutte le sue funzioni ne ricavano benefici” precisa Franco Carnelli, primario della Unità operativa di ortopedia e traumatologia dell’IRCCS Multimedica di Sesto San Giovanni, per tantissimi anni medico dell’Olimpia Basket Milano.
Le connessioni sinaptiche del cervello non solo vengono potenziate, ma se ne creano di nuove. I bambini sportivi ottengono abitualmente risultati migliori nei test di memoria, dimostrano una maggiore capacità di concentrazione e presentano una maggiore coordinazione visuo-spaziale.
Inoltre, grazie alle maggiori occasioni di scambi sociali e alla possibilità di vivere in ambienti che presentano stimoli diversi dai soliti sono più recettivi e socievoli. E anche più sereni e felici, come ha dimostrato uno studio di Rebecca White, della West Virginia University, in cui è stata soprattutto evidenziata l’importanza del gioco di squadra per migliorare la qualità della vita (cfr. Mabel Bocchi, in “Corriere della Sera” del 4 settembre 2011).

Articolo tratto da Allenare la forza nei giovani, di Antonio Urso. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2020.