Doping: vittime o colpevoli?
A cura di Mario Gulinelli
Prima di tutto vanno considerati i guadagni finanziari e gli interessi politici ed economici che ruotano attorno ad atleti di fama mondiale, legati non solo al successo ma anche a un prestigio nazionale che devono costantemente rappresentare. A ciò si aggiunge il desiderio di fama, autoaffermazione, un orgoglio estremamente negativo che mette in primo piano la vittoria a tutti i costi. Molti atleti ricorrono a sostanze dopanti inoltre per avere un fisico atletico e muscoloso, quindi per ragioni prima di tutto estetiche, influenzate innegabilmente dalla commercializzazione e spettacolarizzazione che oggi i mass media hanno creato dello sport.
Così l’atleta diventa merce, produttore e prodotto, un capitale su cui investire non a livello umano e professionale ma di pura immagine. Va ricordata anche la dipendenza degli sportivi da Federazioni, sponsor, accordi contrattuali che spesso aumentano la pressione esercitata su campioni di fama mondiale, alterando la percezione di ciò che loro valgono effettivamente, non solo sul campo, ma nella vita di tutti i giorni. Il timore che le capacità diminuiscano e la rivalità avversaria avvelenano i buoni principi su cui lo sport si basa, deformandolo in un sistema corrotto e controproducente.
L’atleta in tutto questo assume quindi le vesti di vittima e colpevole. Vittima in quanto succube di standard e di aspettative imposte da terzi, e in qualità di carnefice inconsapevole del proprio corpo; colpevole in quanto, anche se per motivazioni esterne e involontarie, sceglie volontariamente di ricorrere al doping come soluzione inesatta e scorretta ai propri problemi.
Per questo, di fronte ad una problematica che sta affliggendo sempre più il mondo dello sport, bisognerebbe agire sulle cause che la originano come eccessivi guadagni, messaggi sbagliati veicolati da mass media, eccessive pretese finanziarie, per mettere prima di tutto in luce la medaglia sana e corretta dello sport.
Per saperne di più: SDS, Scuola dello Sport 75. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2007.