Cos'è lo stimolo allenante
Fabio PaniL’allenamento, in qualunque sua forma,
è indotto da uno stimolo esterno di tipo stressante a cui il corpo deve reagire. Tale stimolo è facilmente quantificabile nelle azioni che lo generano:
serie, ripetizioni, chili sollevati, chilometri percorsi ed esso determina una risposta interna molto difficile da quantificare. Infatti la reazione dell’organismo è complessa perché legata a produzione ormonale, consumo e trasporto di ossigeno, riserve di glicogeno, creatinfosfato e grassi, danno interno alla fibra muscolare, ecc.
Per comprendere meglio il binomio stimolo-risposta, si può fare ricorso ad esempi paralleli, semplici e intuitivi.
Quando si decide, consentendolo la stagione, di andare al mare ed
esporsi al sole, ciò costituisce uno stress-stimolo.
Il corpo umano
risponderà adattandosi e la pelle diventerà più scura e abbronzata con una risposta in adattamento progressiva che permetterà via via delle esposizioni solari più prolungate e un colorito sempre più scuro.
Anche i chilogrammi sollevati in palestra sono per i muscoli uno stress-stimolo al quale essi risponderanno aumentando di volume, (termine tecnico: ipertrofia), diventando più forti e dando la sensazione a seguire che quegli stessi carichi iniziali risultino più leggeri.
Stessa cosa dicasi per la resistenza con lo stesso numero di chilometri iniziali che, dopo l’adattamento da allenamento, risulteranno più facili da completare per il potenziamento dell’apparato cardiocircolatorio e per una migliore mobilizzazione e fluidità di movimento dovuta alle minori resistenze. Si devono queste intuizioni ad Hanse Selye che postulò la teoria dell’adattamento col celeberrimo e omonimo grafico. Appare evidente dallo stesso che
è durante la fase di recupero, che decorre tra uno stimolo e l’altro, che avviene tale risposta adattiva.
È infatti essenziale che gli ormoni anabolici, testosterone, GH e insulina, ripristinino quanto perso e depauperato utilizzando i macronutrienti come “mattoni da costruzione”.
Potendo contare su sufficienti energie, aumenteranno i processi anabolici attraverso stimoli costanti e ripetuti,
altrimenti l’organismo tornerà alla condizione antecedente lo sforzo, in stato di equilibrio vanificando quanto fatto.
Senza uno stress periodicamente dosato,
il corpo tende ad eliminare ciò che ha costruito in quanto ritenuto non giustificato e troppo dispendioso.
È lo stesso principio dell’ipotonia o perdita di tono muscolare causata dal gesso terapeutico: non è infatti la frattura in sé a diminuire il tono del muscolo, bensì l’immobilità dell’arto che non venendo utilizzato induce l’organismo a eliminare la massa magra ritenuta superflua.
I muscoli non funzionali ad una applicazione di qualche utilità significherebbero dispendio energetico superfluo, un surplus di cui si può fare a meno, e l’organismo tende ad eliminare ciò che non serve.
Occorre però fare attenzione a che
un allenamento troppo ravvicinato e frequente crei problemi legati al superamento delle capacità di recupero: il risultato pratico potrebbe essere lo stesso per catabolismo, con perdita di tono muscolare dovuto a sovrallenamento, OTS come sigla internazionale:
Over Training Syndrome.
Si tratta di una condizione alquanto negativa poiché oltre alla riduzione del tono muscolare produce altri gravi negativi effetti: insonnia, nervosismo, attacchi di panico, osteoporosi, tachicardia, e nella donna in particolare la triade dell’atleta, osteoporosi, amenorrea e disturbi del comportamento alimentare.
Se ne deduce in definitiva che l’allenamento dovrebbe avere un giusto dosaggio per portare a una risposta positiva e migliorativa, qualsiasi essa sia. In tal caso lo stress sarà identificabile positivamente come eustress, o viceversa in modo negativo e controproducente come distress.
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