La forza nella donna: un progresso inarrestabile?

Renato Manno

Caratteristiche, specificità di genere, effetto dell’età e dei tipi di allenamento



Conoscere le differenze di forza fra uomini e donne è un obiettivo che molte ricerche hanno tentato di raggiungere con lo scopo di poter dimostrare le vere ragioni dei diversi livelli di prestazione sportiva. Nel 1936 Jesse Owens correva i 100 metri in 10”2, mentre Helen Stephens in 11”5. Da allora fino al 2007 il record dei 100 metri maschili è migliorato del 4,4% e quello femminile dell’8,8%. Dall’analisi dei record maschili e femminili si osserva che a partire dagli anni Ottanta, dopo una iniziale riduzione delle differenze, si sta raggiungendo una sostanziale stabilità, che rispecchia il reale quadro della situazione. L’allenabilità della forza nella donna è stato spesso un argomento controverso, ma i dati scientifici confermano una notevole risposta all’allenamento sia nell’età evolutiva sia durante l’invecchiamento; infatti alcune ricerche hanno dimostrato che le differenze ormonali non impediscono alle donne di ottenere un’importante risposta all’allenamento, mostrando una capacità di reazione simile, se non superiore, a quella degli uomini, benché in presenza di una concentrazione di testosterone molto inferiore.

Alcuni studi, che hanno preso in considerazione i risultati comparabili ottenuti ai campionati mondiali da atlete e atleti praticanti le specialità olimpiche, sembrano smentire che la forza sia esclusivamente proporzionale allo spessore muscolare. Infatti, in uno di questi studi è stato dimostrato che i risultati ottenuti dalle atlete e dagli atleti dello stesso peso corporeo, evidenziano una differenza stabile di circa il 30%.

È noto che le donne hanno una minore capacità di forza rispetto agli uomini e che sono meno alte e pesanti; questa è una nozione di senso comune che, per molto tempo però, non è stata sufficientemente analizzata. La mancanza di un'analisi specifica e approfondita in merito ha contribuito a far emergere convinzioni generiche e qualche volta dannose, quali la totale identificazione tra donne e uomini o al contrario la loro totale diversità.
Negli ultimi tempi, insieme alla generale emancipazione della donna, vi sono state, da una parte la crescita della partecipazione femminile alle attività fisiche (in particolare in una serie di sport e discipline sportive prima non praticate dalle donne quali lancio del martello, salto triplo, salto con l'asta, corse di fondo, maratona, lotta, pugliato, sollevamento pesi, ecc.), dall'altra uno sviluppo delle conoscenze portato dalla necessità di sviluppare una preparazione mirata a prevenire infortuni causati dalle fragilità (talvolta supposte) legate alla specificità della biologia femminile. Entrambi i fattori hanno promosso l’interesse verso le specificità di genere per il miglioramento delle prestazioni e della salute.

I molti luoghi comuni sulla potenzialità di prestazioni fisiche e sportive delle donne vanno così rivisti e integrati, avendo a disposizione sia le ricerche scientifiche in merito, sia, in maniera ancor più diretta, i risultati nelle competizioni sportive, in particolare quelle nelle quali esiste un sistema in grado di quantificare le differenze di risultato tra uomo e donna mediante i record assoluti che, per loro natura, vengono realizzati in condizioni il più possibile comparabili.
La ricerca scientifica tradizionale, inoltre, mette a disposizione una notevole quantità di studi che comparano le caratteristiche fisiologiche, motorie e antropometriche della donna con quelle dell’uomo; questo metodo di raccolta dei dati rappresenta il sistema più potente per acquisire conoscenze sulle specificità e le diversità di genere.

Uno studio di Thibault et al. (2010) ha elaborato le differenze fra uomini e donne partendo da un insieme di specialità che producono prestazioni parametriche comparabili anche per via delle condizioni ambientali, cioè atletica leggera, nuoto, pattinaggio di velocità su ghiaccio, pesistica, ciclismo (solo pista). La conclusione di tale imponente lavoro, composto da diverse pubblicazioni (Berthelot et al. 2008; Thibault et al. 2010), è che dal 1983 la differenza delle prestazioni fra uomini e donne è stabile, nonostante, ad esempio, un notevole incremento della partecipazione delle donne alle competizioni a partire dagli anni ‘80, come si vede dalla partecipazione femminile ai Giochi olimpici.
Vi sono stati periodi di importante incremento del livello prestativo delle donne, misurato attraverso il numero dei record, ad esempio nell’atletica leggera,  in un periodo nel quale gli stessi uomini evidenziavano un progresso nelle prestazioni.
Sull’analisi di questa comparazione pesa la tara del doping, che pur valendo anche per gli uomini, nel periodo in oggetto ha visto un progresso di risultati nelle donne che ha portato a un incremento delle prestazioni e una  conseguente diminuzione delle differenze uomo-donna, che poi non si è confermata, anzi è aumentata. In particolare, in quel periodo vi sono stati miglioramenti delle prestazioni femminili che hanno destato specifici sospetti.

In un altro studio, condotto da Seiler et al. (2007) è stata analizzata l’evoluzione delle differenze nelle prestazioni nelle gare a dominanza anaerobica: nella corsa, nel nuoto e nel pattinaggio di velocità su ghiaccio dal 1952 al 2006. In questo studio si sono rilevati alcuni punti di base, alcuni dei quali noti, come la continua crescita delle prestazioni, altri importanti come la constatazione che il progresso delle prestazioni delle donne per lungo tempo è stato superiore a quello degli uomini. Così, ad esempio nel 1936 Jesse Owens correva i 100 metri in 10s2, quando nello stesso anno Helen Stephens correva i 100 metri femminili in 11s5. Da allora al 2007 il record dei 100 metri maschili è migliorato del 4,4% e quello femminile dell’8,8%, anche se attualmente con l’era Bolt, che con 9s58 ha recuperato parte della differenza nel tasso di crescita, il progresso maschile ha avuto un ulteriore incremento.

Ovviamente le differenze di prestazione tra atleti e atlete possono variare in minore o maggior misura a seconda degli sport e delle discipline, inoltre la variabilità delle differenze non sembra seguire sempre una logica chiara. Ad esempio, nonostante le donne abbiano una buona attitudine alla resistenza, come vedremo nella seconda parte, presentano una differenza minore nello sprint, ma non nei salti; nei lanci la differenza invece può essere notevole anche perché va valutata tenendo conto della differenza di peso degli attrezzi che nelle donne sono generalmente più leggeri.

Effetti dell’allenamento della forza nella donna
Le diverse espressioni di forza sono soggette a variazioni nel corso della vita, sia nella fase evolutiva sia durante l’invecchiamento, con i conseguenti cambiamenti che avvengono in modalità diverse, guidati dall'orologio biologico sia nell'uomo che nella donna.
Lo studio di Hakkinen et al. (1998), uno dei più completi, ha descritto come si modifica la forza, nelle sue diverse manifestazioni (trofismo, esplosività, rilassamento, funzionalità degli agonisti/antagonisti, modificazioni elettromiografiche, effetto dell’età). In conclusione, per quanto riguarda la forza massima divisa per la sezione trasversa nelle donne non vi sono differenze rilevanti con l’avanzare dell’età, mentre per quanto riguarda la forza esplosiva, le differenze fra i soggetti più giovani (quarantenni) e i più maturi (settantenni) risultano molto evidenti. Le ragioni per le quali avviene questo calo di forza rapida possono essere rintracciate nella riduzione delle fibre bianche, come è già stato notato per gli uomini, che comunque già nelle fasi giovanili ne hanno una maggiore superficie. È probabile che nelle donne un’amplificazione di questo fenomeno sia dovuta alla ridotta attività di stimolo che agisce su queste fibre che si riduce ulteriormente nella fase di età matura.

Per saperne di più: SDS, Scuola dello Sport 105. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2015.