Il modello prestativo del rugby e i prerequisiti funzionali per lo sviluppo delle abilità di gioco

Valter Durigon



Una peculiarità del gioco del rugby è costituita dalla possibilità di bloccare, tramite contatto diretto finalizzato all’atterramento, qualsiasi avversario in possesso di palla. Questo aspetto del gioco rende il rugby uno sport caratterizzato da molte fasi di combattimento che impegnano praticamente tutti i giocatori in campo.

Il rugby è un gioco semplice nei suoi concetti di base (avanzamento, sostegno e continuità), ma complesso nella sua applicazione pratica a causa dell’elevato numero di giocatori (15 per squadra) ed ai frequenti momenti di lotta per la contesa della palla. L’esigenza di favorire lo sviluppo del gioco e, nel contempo, di controllare i momenti di lotta (che spesso coinvolgono più giocatori contemporaneamente) comporta un’elevata organizzazione delle varie fasi di gioco ed un’alta specificità per quanto riguarda le competenze dei ruoli.

Per interpretare gli elementi identificativi di ogni disciplina sportiva risulta necessario comprenderne le caratteristiche fisiche (capacità condizionali) e tecniche (abilità); attraverso questo processo di analisi, sarà quindi possibile determinare il modello prestativo, cioè il prototipo esplicativo delle componenti essenziali di un determinato sport. Nel corso degli anni, in seguito a sostanziali modifiche del regolamento ed a metodi di allenamento più sofisticati, la tipologia del giocatore di rugby ed il modello prestativo del gioco sono cambiati notevolmente: in breve tempo il rugby è passato da una dimensione puramente dilettantistica a sport professionistico a tutti gli effetti. La prima edizione del campionato del mondo si è svolta nel 1987 ma il vero cambiamento, con relativo passaggio al professionismo, è avvenuto con i mondiali del 1995 disputati in Sud Africa.
A partire da tale anno, sono state realizzate continue modifiche del regolamento per rendere il gioco sempre più dinamico; inoltre, l’evoluzione dei metodi di allenamento ha reso i giocatori più abili e resistenti, aumentando di riflesso il tempo di gioco effettivo ed il numero delle sequenze di gioco. Queste ultime sono sostanzialmente le azioni che si svolgono da quando la palla viene liberata e comincia ad essere riutilizzata dopo l’arresto dell’azione in seguito ad un placcaggio, ad un fallo o ad una semplice fuoriuscita dell’ovale dal campo.

Nel corso degli anni, il tempo in cui la palla rimane in gioco è quasi raddoppiato perché è aumentato sia il numero delle singole sequenze che la loro durata ed a tutto ciò bisogna aggiungere l’incremento dei contatti fisici per bloccare gli avversari in avanzamento o per contendere loro la palla. L’aumento del tempo effettivo di gioco, l’elevato numero di sequenze, i frequenti contatti fisici e la velocità delle singole azioni richiedono atleti che, oltre a possedere competenze ed abilità tecnico-tattiche sempre più sofisticate, devono anche essere in grado di sostenere e protrarre nel tempo le elevate espressioni di forza e di velocità richieste dalla competizione.
Con questi presupposti appare chiaro che la costruzione di un giocatore di rugby è un processo piuttosto articolato perché occorre provvedere sia alla crescita delle abilità specifiche della disciplina che allo sviluppo dei prerequisiti fisici necessari al gioco. L’incremento delle abilità tecnico-tattiche e delle capacità fisiche sono i due fattori che consentono ad un individuo di adattarsi ai livelli prestativi imposti dal gioco moderno.

È necessario passare gradualmente da esercitazioni a carattere generale (con forti connotazioni di polivalenza e multilateralità) in cui vengono riproposti gli elementi base della motricità (schemi posturali e schemi motori di base) ad esercizi più specifici in cui vengono utilizzate azioni che possono avere anche una forte coincidenza con i gesti tecnici della disciplina per quanto riguarda: la selezione dei muscoli coinvolti, la concatenazione delle contrazioni muscolari, le specifiche delle risposte (ampiezze, velocità, forza relativa), le condizioni in cui i movimenti si manifestano, la tipologia del carico in termini di volume, intensità e densità dello stimolo (la densità rappresenta il rapporto tra tempo di attività e tempo di recupero).

L’organizzazione prevede un’alternanza di fasi definite “statiche” (mischie ordinate e rimesse laterali) e sequenze di azioni in campo aperto (fasi “dinamiche” di gioco alla mano e/o al piede). Invece, la specificità riguarda: le competenze tecniche, le caratteristiche morfologiche e le qualità atletiche che i giocatori devono possedere per svolgere al meglio le mansioni previste dal ruolo che essi ricoprono nell’ambito della squadra.

Per saperne di più: Non solo rugby... E non solo per il rugby. Proposte operative per la preparazione fisica generale e lo sviluppo coordinativo delle categorie minirugby under 6-8-10-12-14. Valter Durigon. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2015.