Attivita fisica e sedentarietà: chi si siede è perduto

A cura di M. Gulinelli



Da anni ricercatori e professionisti dell’esercizio fisico e dello sport sono tutti d’accordo nell’esaltare i benefici per la salute legati all’esercizio fisico regolare ed esistono sufficienti prove scientifiche che un’attività fisica da moderata a vigorosa svolge un ruolo importante nella prevenzione delle malattie cardiocircolatorie, del diabete di II tipo, dell’obesità e di alcune forme di tumori (ACSM’s Guideline for exercise testing and prescription, 7a ed 2006, Filadelfia, Lippincott Williams & Wilkins). Nella ricerca che riguarda i problemi legati a medicina/salute/ fitness sta emergendo, attualmente, un nuovo settore di studio, rappresentato dalla “scienza del comportamento sedentario”, la cosiddetta fisiologia dell’inattività. Il comportamento sedentario è una forma particolare di comportamento umano che si è accentuata nella società moderna. In essa, quella che viene dottamente definita “ipocinesi”, per bambini, adolescenti, adulti ed anziani non è altro che trascorrere in una forma qualsiasi di comportamento in cui si sta seduti – andare in macchina, lavorare alla scrivania, mangiare seduti a tavola, giocare alla play station, lavorare al computer, guardare la televisione, ecc.) la maggior  parte di una giornata scarsa di movimento fisico (Owen N., Barman A., Brown W., Too much sitting: a novel and important predictor of chronic disease risk?, British Journal of Sports Medicine, 43, 2009, 2, 81-83.

 

L’aggettivo “sedentario” viene dal latino sedentarius, derivato da sédere, stare seduto, e indicava chi stava abitualmente a sedere, e chi stava sempre in casa. Attualmente “sedentario” definisce colui che si muove poco o fa poca vita attiva. Attualmente molte persone ogni giorno possono stare sedute per molte ore della giornata e passano seduti circa il 70% delle ore della loro giornata da svegli. Le prime ricerche su quali siano gli effetti negativi di tale comportamento hanno le loro radici negli anni ’50, quando gli scienziati dimostrarono che coloro che svolgevano un lavoro che prevedeva un’attività fisica in età media presentavano una quantità minore di patologie coronariche, che tali patologie si sviluppavano più tardi ed erano meno gravi di coloro che svolgevano lavori che comportavano inattività fisica (Morris J. N., Crawford M. D., (1958). Coronary heart disease and  physical activity of work: Evidence of a national necropsy survey, British Medical Journal, 20, 1958, 12, 1486-1496).
Cinquanta anni dopo, una nuova ricerca condotta da ricercatori canadesi pubblicata nel numero 5, 2009, di Medicine Science of sport ha introdotto un cambiamento di paradigma nel rapporto tra attività fisica e sedentarietà. Nella ricerca realizzata da  P. T. Katzmarzyk, T. S. Church, C. L. Craig, C. Bouchard, C. Peter Katzmarzyk al Pennington Biomedical Research Center di Baton Rouge (Katzmarzyk P. T., Church T. S., Craig C. L., Bouchard C., Sitting time and mortality from all causes, cardiovascular disease, and cancer, Medicine & Science in Sports & Exercise, 41, 2009, 5, 998-1005) ha esaminato quale fosse il legame tra tempo trascorso seduti (a scuola, al lavoro e a casa) e la mortalità in un campione rappresentativo di oltre 17,000 canadesi (mortalità durante un periodo di dodici anni di 7,278 uomini e 9,735 donne, di età da 18 a 90 anni; età media = 42 anni; 759 morti di malattie cardiocircolatorie, 547 morti di tumore e 526 morti per altre cause). E hanno trovato che il tempo trascorso da seduti era associato con un rischio maggiore di mortalità per patologie cardiocircolatorie e tutte le cause di mortalità (tranne i tumori per i quali non esiste un’associazione con il tempo trascorso seduti). Di fatto, le  persone che trascorrevano sedute la maggior parte del loro tempo avevano una probabilità di circa il 50% maggiore di morire durante il periodo considerato dalla ricerca di quelle persone che stava meno sedute, anche dopo che si era tenuto conto di fattori quali età, fumo, consumo di alcool, e livelli di attività fisica nel tempo libero. Per cui una conclusione importante che si ricava dalla ricerca di Katzmarzyk – ed è questo il cambiamento di paradigma – è che l’attività fisica non cancella gli effetti negativi dello stare troppo seduti – e ciò è vero anche se le persone rispettano le linee guida dell’American College of Sport Medicine per quanto riguarda il minimo di attività fisica quotidiana (30 min/die per quanti più giorni possibile alla settimana).

 


Per interrompere i lunghi periodi passati da seduto al lavoro potrebbe:
1. Alzarsi e camminare nell’ufficio ogni trenta minuti.
2. Alzarsi e muoversi per andare a bere ogni volta che ha sete.
3. Se deve andare al bagno, e nell’edificio dove lavora vi sono più toilette disponibili, scegliere quella più lontana.
4. Alzarsi in piedi e (se possibile) muoversi per la stanza ogni volta che risponde al telefono,
5. Prendere in considerazione l’idea di una postazione dove possa lavorare al computer in stazione eretta o quasi e vi sia la possibilità di sedersi e continuare a lavorare se si è stanchi.
6. Inserire cinque minuti in cui si cammina ogni coffee break.
7. Non telefonare o inviare una e-mail ai colleghi di ufficio, ma alzarsi e andargli a parlare se gli si deve comunicare qualcosa.

 

Per saperne di più: SDS-Scuola dello Sport n°85